Microcredito: continua la crescita esponenziale
Dal 1997 al 2006 i clienti che usufruiscono del microcredito sono decuplicati passando da 13 milioni a 133 milioni. Il microcredito è uno strumento innovativo ma molto semplice di sviluppo economico che permette alle persone prive di mezzi ed emarginate, attraverso il prestito di piccole cifre, di cambiare la propria vita ed avviare attività commerciali in grado di renderli autosufficienti e di mantenere economicamente la propria famiglia. L’idea del microcredito nasce grazie al lavoro della Grameen Bank, la “banca villaggio” fondata nel 1974 da Muhammad Yunus in Bangladesh. Yunus era capo del programma economico rurale dell’università di Chittagong e dopo aver viaggiato con i propri studenti nelle zone più povere del paese, capì che si doveva fare qualcosa per cambiare la situazione di indigenza in cui vivevano queste persone. Per prima cosa Yunus prestò 27 dollari ad un gruppo di donne che confezionavano cesti. In questo modo le donne poterono aumentare la produzione e quindi gli introiti e furono in grado di restituire la somma. Da qui prese il via l’esperienza della Grameen Bank e del microcredito di cui ora grandi istituzioni come la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale e le Nazioni Unite hanno riconosciuto l’enorme potenzialità del microcredito nella lotta alla povertà.
La forza di questo tipo di credito risiede nella possibilità delle persone povere di accedere a prestiti bancari che sarebbero loro negati, a causa dell’assenza di garanzie reali e alle dimensioni ridotte delle loro microattività, dalle banche tradizionali. Non si deve però dimenticare che il sistema funziona anche per il fatto che c’è un ritorno economico altresì per le associazioni di microfinanza. I tassi di interesse dei microcrediti non sono affatto bassi anzi, si attestano attorno ad un 3 per cento mensile ed oltre il 30 per cento annuo. “Controllare i piccoli prestiti di tante persone – chiarisce Laura Vigano, direttrice del Master in microfinanza dell’Università di Bergamo – comporta costi altissimi e ricavi molto bassi. Senza questi tassi, le organizzazioni fallirebbero. Il personale delle associazioni segue i clienti da vicino, analizza il progetto prima e dopo gli fa visita durante l’attività quasi ogni giorno”. In pratica le spese di gestione di una rete così capillare e costante giustificherebbero i costi elevati. Le cifre di cui stiamo parlando si aggirano in media tra i 50 e i 400 euro, una somma per noi irrisoria ma per le popolazioni di paesi del terzo mondo in grado di cambiare la vita.
Il potenziale del microcredito, sotto l’aspetto del business, ha iniziato ad interessare anche il mondo della grande finanza. In una ricerca pubblicata qualche tempo fa dalla Deutsche Bank emerge che ci sarebbe un vuoto di mercato di 250 miliardi di dollari da riempire con il microcredito. Citigroup, Dexia, Morgan Stanley, Credit Suisse, Deutsche Bank, Commerzbank stanno già investendo nella microfinanza nei paesi in via di sviluppo.
Le associazioni di microcredito distribuite nei paesi più poveri sono 3.100 consultabili sul sito www.microcreditsummit.org
Tra le organizzazioni di microfinanza presenti nei paesi industrializzati si possono citare:
- l’italiana Etimos
- la francese PlaNet Finance
- l’olandese Oikocredit